Chiuso il portone si bussa al padrone - Parisi
Stasera dovrei inventarmi
qualcosa, l’ennesima. Domani anche. Forse faccio un giro, per un po’ e ci
resterò finche ne ho. Il dopo bo! Forse mi trovo, o forse semplicemente no.
Dovrei fare e rifare, un giorno dovrei partire e se proprio è il caso
accontentarmi dell’abitudine di ritornare, per poi ripartire.
Un Safari tra
costole, cuore e idee che si sciolgono nell’acido di una vita troppo spesso
meravigliosa, troppo spesso strana. E di strano esiste poco se di normale ce
n’è altrettanto! Che poi: cos’è la normalità!?
Giri di parole per girare
intorno ad un evento che vorrei girasse almeno un po’ e invece è fermo. Fermo
come una mosca sulla merda a gustare ciò che a quanto pare nasconde l’odore.
Fermo come la spiaggia che aspetta la pazzia del mare tra le alte e le basse
maree. Fermo ai 60 bit al minuto che sembrano non avere novità. Fermo come il
cane, fermo come il padrone, fermo come un coglione.
Una vita in forse che si
alimenta di surrogati aziendali e multinazionali. L’unica cosa naturale è
l’erba, quella del vicino. Dalle certezze non se ne esce. Di certo c’è il
lupetto, col caschetto, con la foto sotto al letto di quando era sul laghetto
ad abbracciare un orsacchiotto di cui non si sa se è morto.
Il cielo è sempre più blu
sopra le nuvole e mentre tutto scorre, compresa la vita di Alice che guarda i
gatti mentre loro si leccano da soli, ritorna la maledetta primavera, che
fretta c’era. Meglio passare direttamente all’estate con un gelato al cioccolato
dolce come nera e la sera dei miracoli dove Dalla assume la doppia accezione di
cognome e verbo. Forse meglio un po’ di sole che da soli un po’ si muore o si
tenta perlomeno.
Esistono nazioni ricchissime
(economicamente) con elevatissimi tassi di suicidio. Non c’entra tanto con il
discorso, è come dire che dovrei essere un ottimo nuotatore ed avere un
brevetto da bagnino per il solo motivo che mi vede proprietario di una casa al
mare da trent’anni! Ma mia andava di scriverlo! Scusate la digressione.
Ebbene il tempo è poco e tutto
a breve termine. Tutto. Il lavoro, la pace, la pasta, il pc, i dj, le
relazioni. Avrei voluto conoscere Murphy, o meglio Bloch, ci avremmo riso su
insieme! Ed ora del riso non resta che il brodo, deriso da chi se lo mangia
asciutto. Ma va bene così per la storia del portone. Si sa, chiusa una porta si
apre un portone, lo stesso che si sfonda perché già aperto, e che poi infondo
infondo non ci ho capito un cazzo!
Le vite in forse. È quello
il problema. E mi sento ancora più avulso perché incontro sempre chi ha la
soluzione! Da induista basta meditare, da agnostico è tutto normale, da ateo
“chi te se ncula”, l’artista conosce la cura, la setta si stringe a se stessa,
chi ride nasconde l’accetta, chi piange è già troppo pesante, chi ha paura fa
il pieno di mutande, il cristiano sa sempre un po’ di più, ed io ci credo, ma
chi mi fa impazzire è chi non vuol capire.
Ripeto, forse mi trovo, mi
scovo, mi prendo, mi aggiungo agli amici e tutti felici perché ci sono anch’io.
Almeno davanti. Di dietro mi lascio una quinta, non solo a teatro. Il malessere
è inversamente proporzionale alla positività che ci metti nella storia.
La vita con un’amica diviene
aromatica, senza la sposa è in prosa, con la fidanzata diventa baciata, ed io festeggio
con vino d’annata che almeno quel rosso mi da più vigore: un’altra passione a
spiegare che piove ma è solo illusione. Che tanto l’omino ci vende l’ombrello
ed è tutto più bello. Non ti bagni, poi passeggi, poi rimpiangi. Meglio senza.
Rivedo i miei anni, i miei
diversi capelli bianchi. Rileggo i miei libri e i vari aforismi. Il più vicino
è quello del titolo: dove arrivo lo pianto. Vada come vada. Ma almeno ci sto.
Ci metto la chitarra, se non ci sono chitarristi la suono io. La musica mi ama.
Povera lei! Ritornerò in ginocchio da te, aspettando il mio turno, in fila per
tre fino al quarantaquattresimo, come i gatti, col resto di uno. D’altronde chi
la dura la vince, se posso passo e se passo ho perso.
Aggiorno lo stato che durerà
per poco. Lo stato è uno Stato senza decoro. Io sono felice perché fortunato e
scaglio una pietra a chi è senza peccato.
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