Dodici Gennaio Duemilatredici





Io non so di preciso cosa voglio, ma conosco con certezza ciò che non voglio… cosa vorrei e cosa non vorrei. Mi sembra già un bel passo avanti. Non voglio stare vicino alla gente negativa., cattiva e che si lamenta. Non voglio fare il ricco con la dignità altrui. Non voglio il prosecco serbito con sorriso ed il culo della bottiglia nel palmo della mano destra. Non voglio raccontare di mangiate nei migliori ristoranti del mondo. Non voglio finti applausi. Non voglio indossare abiti che superano anni di stipendi cumulati di più di quattro miliardi di persone. Non voglio tante cose, ma so che se dovesse capitare, con le amicizie e strette di mano occidentali, non so se ne resterò lontano. Vorrei far corrispondere ad ogni parola un’azione in moda tale che vadano nella stessa direzione. Vorrei cambiare il mondo ma so che non è possibile e dunque mi accontento di aiutarmi a cambiare il mio di mondo, migliorando il mio modo di vivere, la parte di pianeta con cui mi confronto. Vorrei continuare a viaggiare, imparare a parlare tutte le lingue del mondo, anche male. Vorrei poter abbracciare tutte le persone a cui voglio bene ogni volta che ne ho bisogno. Vorrei una casa tutta mia arredata dalle mani dell’artigianato di ogni sud.
Non vorrei archiviare diapositive di tristezza ed in compenso vorrei trasformare la faccia di molte persone in carta igienica. Voglio un quadro di me che abbraccio un bimbo africano perché se un domani avrò una famiglia mi piacerebbe lasciare la pergamena dei valori a mani che portano il mio cognome.
Vorrei imparare a dare sempre un nome alle cose, alle persone, ai volti, agli avvenimenti. Vorrei imparare a pregare, a dire grazie, a non regalare ma condividere forze ed energie. Non essere assistenzialista ma utilizzare i miei studi per il bene comune. Vorrei continuare a scrivere e suonare finchè avrò cose intelligenti da dire. Vorrei ricevere soltanto critiche costruttive. Vorrei non dover tornare indietro ed avere forza e coraggio di rialzarmi ogni volta che cadrò, e so che avverrà spesso, è il rischio del mestiere di vivere.
Vorrei imparare ad utilizzare in  modo corretto le energie.
Oggi posseggo una carta d’identità per i confini nazionali ed un passaporto per l’estero. La carta d’identità serve dai piedi alle ginocchia . per il resto, la pancia, il cuore, le viscere, le mani, occorre il passaporto perché rosso porpora e perché da la possibilità di ritrovarti, perdendoti in posti lontani. So che continuerò ad incontrare gente meravigliosa, stronzi e chissà cosa è giusto per me. So che la coerenza è un poster attaccato al contrario, che sei fratello solo quando utilizzi il denaro per sopravvivere e menare una vita dignitosa.
So di avere tanti amici e tanti nemici, e so di poter dare tanto amore a chi lo merita.
Vorrei continuare a dissociarmi da discorsi che riguardano vita e scelte altrui. Vorrei continuare ad indossare la divisa indifferentemente dalla forza della squadra. Vorrei andare avanti con la mia guerra. Vorrei non perdere mai chi ha dato un vero senso alla mia storia, a chi mi ha salvato, a chi mi ispeziona con lo sguardo, mi fa la diagnosi e mi abbraccia senza giudizio. Vorrei avere sempre a fianco chi mi riprende e mi aiuta a crescere ed utilizzare gli errori come fulcro su cui far leva.
So che anche i grandi cadono e che più sei in alto più fa male e rumore la caduta. So che forse non cambierò proprio un cazzo, ma so anche che posso dissociarmi da determinate realtà soprattutto oggi che Dio mi ha dato la possibilità di vivere certe situazioni, guardare alcuni occhi, stringere delle mani. Vorrei poter continuare a fantasticare con i miei amici al gioco: “Se avessi… cosa farei…!”, magari dietro una birra fresca, il fuoco di un camino, i tramonti della mia terra e parlando la mia lingua. So che ogni naso che incrocerò servirà a respirare meglio ossigeno pulito.
Vorrei una barchetta per imparare ad ascoltare il mare. Vorrei, non vorrei, non voglio.
Il viaggio sta volgendo al termine e la mia vita assume già un’altra forma. Non conosco il mio futuro ma ricordo il mio passato. Auguro ai miei amici e a me stesso di sapersi prendere cura di se. Magari abbandonare le sigarette e le polveri sottili della vita, quelle fanno ancora più male. Mi auguro di avere il coraggio di accendere la luce quando tutti la tengono spenta e ti consigliano di fare altrettanto; a non perdere le buone occasioni per stare in silenzio, a saper restare al buio quando è il momento senza aver paura.
Auguro di innamorarsi costantemente delle piccole cose, di saper gustare un gelato artigianale, di rispondere con timidezza all’imbarazzo causato da un saluto inaspettato, ad aver il coraggio di abbandonare una nave che non è tua, un equipaggio che non conosci, una rotta che non ti appartiene, un legame che ti inganna nel fingere di tenerti in vita, una mano che ti accompagna nella chiesa sbagliata. Mi auguro di issare la bandiera del popolo cui sento di appartenere, qualunque sia il suo colore. Di non aver paura di dire quel che pensi, domani potrebbe essere tardi. Di non vivere di ricordi bensì ricordare ciò che si vive. Ascoltare e non semplicemente sentire. Amare e non farsi compagnia. Mi auguro di riuscire a fare presto di nuovo l’amore, di avere le energie capaci di bloccare l’istinto della fame. Di essere puntuale, di viaggiare in bici, di ascoltare buona musica. Ogni cosa al posto suo: i lacci alle scarpe, la tovaglia sopra il tavolo, i quadri appesi al muro, la testa sulle spalle, le porte ad ogni ingresso, le candeline sulla torta, il tappo alla bottiglia, la presa nella spina, l’acua nel bicchiere, la pentola in cucina, il piede nella scarpa, le armi giù in cantina, i preti nelle strade, il rischio ai casinò, le stelle ben cucite, lo zaino sulle spalle, la cuffia nelle orecchie, la vita in prima fila.
Mi auguro di riconoscere chi è sincero e di saper accettare chi non lo è.

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